
La vita sportiva di Giulio Cabianca


Giulio Cabianca nasce a Verona il 19 Febbraio 1923.
Iniziò la propria carriera automobilistica nella seconda metà degli anni quaranta,
al termine della seconda guerra mondiale, dedicandosi alla guida di vetture sport prototipo.
Pilota di punta della scuderia OSCA, nel 1951 ottenne la vittoria del titolo italiano nella categoria per vetture con cilindrata di 1100cc e riuscì a conquistare il Gran Premio d’Italia battendo Louis Chiron.
L’anno seguente si impose nella classe 1500 cc ed ottenne diversi successi.
Continuò a dedicarsi quindi alle competizioni a ruote coperte, giungendo settimo alla Targa
Florio del 1955 (primo nella sua classe di veicoli), secondo al Mugello stradale e primo al Giro di
Calabria. Vinse anche la Coppa delle Dolomiti nel 1956 e il campionato italiano GT del 1958.
Enzo Ferrari si decise quindi ad ingaggiarlo nella sua squadra corse, ed ebbe l’occasione di dedicarsi a varie gare di durata alla guida di una Ferrari ufficiale.
Nel 1959 portò per primo alla vittoria la Dino 196S, a Monza, e l’anno dopo fu quarto al Gran premio d’Italia di F.1 su Cooper-Ferrari.
Sfiorò l’assoluto alla Targa Florio del 1952 e trionfò alla Coppa d’Oro delle Dolomiti, alla Trieste Opicina, alla Bologna-Raticosa, alla Trento-Bondone, al Giro dell’Umbria, al Circuito di Caserta e L’Aquila e ancora in molte altre competizioni, imponendosi con vittorie di classe alla Mille Miglia.
La sera di giovedì 15 giugno 1961, all’autodromo di Modena, si spegneva la stella di Giulio Cabianca, il pilota veronese più vittorioso nella storia dell’automobilismo scaligero.
Non fu solo una tragedia sportiva ma ebbe anche un costo in termini di vite umane, perché, a causa di un guasto al cambio, la sua Cooper-Ferrari 3000 cc uscì dal tracciato e piombò sulla via Emilia provocando la morte di tre persone, oltre a vari feriti. Era con una monoposto molto simile alla Formula 1 che Cabianca avrebbe dovuto prendere parte al campionato Intercontinentale, al quale partecipavano i migliori assi dell’epoca, fra i quali Stirling Moss, Jack Brabham, John Surtees, Burce McLaren e tanti altri.
Il rettilineo dell’autodromo finiva perpendicolarmente sulla via Emilia. A separarli, un muro e un grosso cancello.
Alle 18.25, dopo trenta passaggi in vista della gara di Silverstone, Cabianca aveva deciso di fermarsi. Mancava un ultimo giro, quello fatale. Poco prima della curva di 90 gradi a sinistra, dove il cancello era stato lasciato spalancato, cedette un bullone del cambio. Il pilota non poté scalare marcia perché il bolide restò in folle per gli ingranaggi bloccati, e l’unica istintiva via di salvezza fu infilare quel pertugio aperto che dava sulla via Emilia.